Gabriele Zarotti

Il filo del gas.

        Oggi l’economia viaggia sul filo del gas. Con l’unico obiettivo di mantenere inalterati i privilegi dei ceti più ricchi. Di tutti gli altri - ceti medi e cenciosi - a chi ha tanti soldi non gliene può fregare di meno. Anzi. Che restituiscano un po’ di quello che hanno guadagnato dal boom economico ad oggi, questi mangiapane a tradimento! Anche i cenciosi? Ma sì, pure loro. Magari con una tassa sulle elemosine.

        Una volta, quando non c’era il computer di bordo, si diceva: se vuoi risparmiare viaggia sul “filo del gas”. Questo garantiva le migliori prestazioni possibili col minimo consumo di carburante. Naturalmente bisognava essere animati da spirito sobrista, avere un grande orecchio, il piede leggero, e soprattutto - se si era giovani - non farsi prendere la mano dagli ormoni, che andavano pazzi per la velocità. Insomma il “filo del gas” era un piccolo segreto che  faceva parte del corredo dell’automobilista scafato. Insieme alla “doppietta”. Manovra un po’ azzardata che, al contrario, faceva consumare più benzina. D’altronde non si può avere tutto nella vita.

        Come al solito qualcuno dirà: cosa c’entra tutto questo con l’andamento dell’economia? Frenate l’impazienza e lo capirete. Perché non ci vuole un master alla London Business School of Economics per cogliere certe cose.Quella che sto per esporre non pretende di essere un’ analisi dell’economia “alla Piketty”. Mi piacerebbe tanto, ma non ho studiato abbastanza.  Quello che sto per descrivere è solo un punto di vista. La modesta riflessione di uno che osserva le cose che accadono. Ma soprattutto quelle che non accadono. Una visione che sicuramente farà sorridere di sufficienza gli economisti. Quelli organici, intendo. O meglio, quelli allevati dal sistema per essere organici. I grandi sacerdoti dei templi dell’economia,  col compito di diffondere e difendere le tesi e teorie dell’anarco liberismo. E lautamente pagati per dire poche verità e tante bugie. Gente che blatera spesso cose senza basi scientifiche, solo per creare confusione. Il tutto con la sicumera di chi, nel tentativo di dimostrare di possedere il verbo,  intreccia parole comuni  e termini gergali in una  sequenza assolutamente priva di significato. Una sorta  di grammelot che l’uomo della strada stenta a comprendere. Una cosa però è chiara a tutti: che un tale parlare  è studiato ad arte per fottere i tanti a vantaggio dei soliti pochi.  

        Nel secolo scorso, fino al premio Nobel Modigliani compreso, quasi sempre gli economisti hanno sparato previsioni a braccio. A volte  incoraggianti , a volte catastrofiche. Ci avessero azzeccato una volta! Un po’ perché  si basavano  su ciò che avevano studiato sui libri, e osservato di striscio ( invece di ricavarle da dati statistici). Un po’ (tanto) perché prezzolati. Nella storia del novecento gli economisti che hanno mantenuto una dignitosa autonomia di giudizio si contano sulle dita di una mano. E sono, guarda caso, tendenzialmente di scuola keynesiana. In sintesi: intervento pubblico accanto a quello privato, specie nei momenti di crisi. Proprio il contrario di quello che accade oggi. Specie da noi.

        Ma torniamo al “filo del gas” applicato all’economia. Dopo la crisi del ’29 per risalire la china e fare riprendere l’economia, gli Stati Uniti non hanno esitato a pigiare sull’acceleratore. A profondere  denaro ed energie. Questo significa che capitalisti intelligenti hanno aperto i cordoni delle borse, consapevoli che in quel momento era la cosa più saggia da fare. E altrettanto hanno fatto in Europa, alla fine della seconda guerra mondiale, i capitalisti europei con la Ricostruzione. Insieme agli stessi americani, coi vari piani Marshall e company. Oggi  non sembra esserci altrettanta lungimiranza e disponibilità. Diciamo pure: altrettanta Intelligenza.  Forse perché  la finanza, preso il sopravvento, conduce la danza (e la finanza, si sa, è ottusamente famelica). Forse perché i capitalisti, in attesa di capire come possono riorganizzare il mondo, i mercati, e la produzione di beni e servizi, hanno deciso di procedere, almeno per il momento, sul “filo del gas”. Accelerare solo quel poco indispensabile  per non veder calare i loro profitti, rischiare il loro ROI (ritorno sull’investimento), e mantenere il loro train de vie.  Massimo rendimento col minimo sforzo, insomma. Mentre, per riprendersi davvero ( non dello zerovirgola )  e nell’interesse di tutta la comunità, l’economia avrebbe  bisogno di accelerare a fondo. Almeno per prendere l’abbrivio. Ma per farlo ci vorrebbero idee nuove. Che mancano. E investimenti. Che non si vogliono fare perché si ritiene che al momento il gioco non valga la candela. Per cui tutto ristagna. Soprattutto in Italia, Paese sempre al traino, con una classe imprenditoriale che definire “non sempre all’altezza” è solo  un eufemismo per rispetto verso qualche amico.  Si guarda la bandierina sull’albero maestro in attesa che il vento cambi. Nel frattempo: avanti a bassa forza! 

        Si salassano un po’ i ceti medi. Un bel taglio alla sanità. Una sforbiciatina alle pensioni. Un ritocco qui, uno là. Uno su. Uno giu. Uno a destra. Uno a sinistra. Si distraggono le masse con molto movimentismo:  riforme, riformine, riformette; mance, mancine, mancette; promesse, promessine, promessette. L’importante è che tutto sia fatto con cautela, nelle giuste dosi, col bilancino del farmacista. A volte nell’ombra, a volte con enfasi da dottor Dulcamara, raccontando bugie su bugie, per non  mettere a rischio la pace sociale. E i poveri non s’incazzano? Certo che sì. Ma tanto non contano nulla. Avete mai visto una rivoluzione fatta di soli poveri? E il ceto medio? I borghesi? Gli affluenti affluiti?  Loro per il momento stanno chiusi in se stessi. Mangiano, bevono, e cercano di tenersi ben stretto quello che hanno. Rasentano i muri schisci come ladri, e muti come pesci, facendo finta di non sentire e non vedere. E gli intellettuali? Quelli  buoni che c’erano  sono morti,  i pochi rimasti si sentono poco bene.  I sedicenti sono al soldo dei poteri forti. Cazzo, dovranno pur mangiare anche loro, no?!!! Direte: e il governo? Ma secondo voi: è la politica che muove l’economia, o l’economia che muove la politica? Personalmente credo che da sempre la politica sia mossa solo da interessi. E che ideali e valori facciano parte della  retorica di cui la politica ha bisogno per salvare la faccia. Quindi, tirate un po’ voi le somme.  Aggiungo solo che, dove il capitalismo è più avveduto e scaltro vengono nominati  governi in grado di dialogare più o meno intelligentemente con tutte le forze sociali; dove lo è meno, il capitale partorisce solo governi fantoccio. Che eseguono gli ordini come soldatini.  Così, a naso, il nostro Paese in quale caso rientra? Il primo o il secondo che ho detto? 

        A questo punto però, visto che siamo in chiusura, diciamola tutta. Eravamo arrivati a un punto ormai insostenibile e insopportabile. Cominciava a girare per il mondo troppa democrazia. E il troppo stroppia. L’eccesso di democrazia uccide il capitalismo! Soprattutto i capitalisti. E allora bisognava mettere fine a questa vergogna. Ci voleva uno stop. E allora ecco arrivare un bello scrollone. Un po’ di strizza al culo.  Poi una bella crisi controllata. Una sorta di purificazione che farà abbassare la cresta. Che toglierà certi grilli dalla testa di chi se l’era montata. Che farà tornare ognuno al suo posto. Che metterà un freno a quest’ insopportabile orgia di diritti. Che la farà finita con tutte queste  promozioni sociali. Sì, Stop! Fermi tutti. Quando il mondo si sarà normalizzato, allora dallo stop si tornerà al go. Ma fino a quel giorno che sia ben chiaro a tutti chi comanda. E adesso: citti, proni, e al lavoro! Chi ce l’ha,

        Come sempre il mio è un parere del tutto personale. Però, se ci tenete a trascorrere una vecchiaia nella vostra casetta, al calduccio, e non alla Caritas, vi consiglio di  vigilare, osservare, e verificare se i miei sono semplici vaneggiamenti, o cose che hanno un minimo di riscontro nei fatti. Se non lo farete, non mi offenderò. Vorrà semplicemente dire che siete ricchi. Beati voi!  D’altronde essere ricchi - fino a pistola fumante - non è mica un delitto. Checchénedica Balzac.

 

 

 

 

Todos los derechos pertenecen a su autor. Ha sido publicado en e-Stories.org a solicitud de Gabriele Zarotti.
Publicado en e-Stories.org el 12.09.2017.

 
 

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